Notizie Radicali
  il giornale telematico di Radicali Italiani
  lunedì 29 agosto 2005
 Direttore: Gualtiero Vecellio
Punto economia. Le riforme del Governatore e dei radicali

di Piero Capone

Forse più di altre volte queste “Considerazioni finali” del Governatore della Banca d’Italia possono giocare un ruolo positivo di “scossa” nei confronti di una palude di idee che ormai da tempo, ma soprattutto oggi a causa della crisi, domina le forze politiche di governo e di opposizione (con la solita eccezione Radicale), quelle sindacali e quelle delle associazioni imprenditoriali. Anche il mondo accademico mostra tutte le sue carenze, non sui temi della congiuntura, ma su quelli della prospettiva.

 

La grande debolezza della “filosofia politica” delle varie articolazioni di quello che viene definito il “regime italiano” sta proprio in questo “vuoto” di idee su come costruire il futuro della nostra società. Forse per opportunismo ovvero per pochezza culturale e ideale, le nostre classi dominanti, disdegnano di affrontare i “problemi strutturali” che affliggono il nostro paese e si baloccano nel piccolo cabotaggio dell’attualità.

 

Come sottolineava Marco Pannella in una delle sue rarissime, quanto felici apparizioni televisive, il terreno delle “piccole cose” può alimentare e far esplodere risse e scontri verbali indecorosi (con sommo gaudio dei programmi “trash” in auge nelle reti “Raiset”). Sollecitando così  i bassi istinti delle opposte tifoserie, e facendo apparire come profonde le divisioni tra le due componenti del monopartitismo italiano; laddove sulle “grandi questioni” non ci si divide affatto , anzi ci si accorda – segretamente -  su tutte le vere questioni di “potere”, di “spartizione” e di  “baratto” che in fondo sono le uniche importanti per le forze del “regime”.

 

Ecco perché il Governo è diventato il grande sostenitore della deprecata “politica dei due tempi”:  prima usciamo dalla crisi e poi vedremo di discutere di riforme. Ed ecco perché la pseudo opposizione – esclusi i Radicali – reclama dal Governo soltanto  provvedimenti contingenti, spesso in una logica “assistenziale”; ma si guarda bene da chiedere riforme radicali di struttura.

 

Un esempio clamoroso è quello degli ammortizzatori sociali anche richiamati opportunamente dal Governatore Draghi. In una grave recessione come questa,  quelli che pagano, drammaticamente, il prezzo più salato, sono i lavoratori dipendenti del settore privato non coperti da adeguati coperture sociali in caso di disoccupazione.

In Italia, grazie al regime “partitocratico” associato a quello “sindacatocratico”, malgrado il grande peso politico sempre avuto dalle forze della cosiddetta sinistra e il grande potere dei sindacati (o proprio per questo) non si è mai realizzato un grande, moderno, sistema europeo di “welfare universalistico”, cioè rivolto a tutti i lavoratori.

E non come estensione dei meccanismi della Cassa Integrazione, attualmente caratterizzati da logiche spartitorie e di baratto tra Confindustria e Sindacati, ma con un sistema automatico, appunto universale, come in uso nei più avanzati paesi europei.

 

Ma per far questo di dovrebbe finalmente mettere mano ad una profonda riforma del sistema pensionistico. Che, sintetizzando, si potrebbe riassumere nel binomio “elevamento-equiparazione”. Finora queste sono state parole “tabù”;  anzi sinonimo di “barbarie”, come ebbe a definire le proposte Radicali sull’ Art.18 dello Statuto dei Lavoratori, l’allora leader CGIL Sergio Cofferati.

 

Ora le ragioni dei Radicali, anche grazie agli autorevoli “suggerimenti” del Governatore Draghi, sembrano meno “barbariche” e “impossibili”. Ora – malgrado la ritrosia delle diverse componenti del regime – appaiono non solo realistiche, ma necessarie e “socialmente avanzate”.

In effetti il ragionamento di Draghi parte – come facciamo anche noi da tempo – dalla constatazione della gravità della crisi.  Per il Governatore lo scenario italiano è particolarmente preoccupante perché assomma alla situazione mondiale, ancora estremamente precaria, una realtà italiana particolarmente negativa.

 

Infatti, dopo un quindicennio di crescita molto bassa, tra la metà ed un terzo di quella dei nostri grandi partner mondiali, con un debito pubblico di 1.741 miliardi di euro (con una crescita del 4.6% solo nell’ultimo trimestre), con un’ altissima pressione fiscale accompagnata da una elevatissima evasione fiscale (stimata intorno ai 200 miliardi di euro), dovremo affrontare nel 2009 uno scenario estremamente preoccupante.

Da una parte il crollo del PIL del 5% nel 2009, un crollo della domanda estera con gravissime conseguenze sulla produzione industriale e sugli investimenti; dall’altra la drammatica situazione di oltre il 10% dei lavoratori in cerca di occupazione ovvero in Cassa Integrazione, con drammatiche conseguenze sociali e sui redditi delle famiglie. E quindi della domanda aggregata.

 

Ma il punto più critico denunciato dal Governatore è quello che è da sempre oggetto delle battaglie Radicali: il risanamento dei conti pubblici. Infatti se da una parte c’è un crollo delle entrate fiscali (IVA: -10% in quattro mesi; imposta sul reddito delle imprese: -9% nel 2008), dall’altra non si vedono correzioni della spesa primaria corrente; che anzi salirà di 3 punti nel 2009.  La spesa pubblica complessiva supererà il 50% del PIL nel 2009!

E senza quelle riforme da noi sollecitate per contrarre la spesa, questa percentuale resterà stabile nei prossimi anni.

 

Il combinato disposto di questi fattori farà sì che il disavanzo pubblico raggiunga il 4.5% nel 2009 e oltre il 5% nel 2010. Il Governatore prevede che il nostro debito pubblico (in rapporto al PIL)  salga inesorabilmente nei prossimi anni fino a raggiungere i record negativi degli anni ’90.

 

E, una volta superata la fase acuta della crisi, ci troveremo con un debito pubblico sempre più alto,  con una sempre minore capacità di intervento a causa degli enormi oneri per interessi, con minore capitale umano (forte disoccupazione), con minore capitale fisico (crollo degli investimenti). E se continuasse – come probabile – un trend molto basso di crescita (come avvenuto negli ultimi 15 anni), l’insieme di questi fattori molto negativi, renderà sempre più precaria la situazione economica e sociale dell’Italia.

 

A meno che, come auspica il Governatore, e come sostengono con forza i Radicali da molto tempo, non si metta mano con decisione e lungimiranza, a quelle riforme di struttura, colpevolmente rinviate dai diversi governi del regime partitocratico italiano.

 

Sono quelle dell’agenda Radicale: pensioni (elevamento dell’età pensionabile, equiparazione donna-uomo); riforma radicale del sistema degli ammortizzatori sociali, verso un welfare universalistico, che con la riforma del mercato del lavoro porti ad un auspicato sistema di flexcurity (flessibilità e sicurezza); avvio di una seria politica di liberalizzazioni (ora completamente ferma), soprattutto nel settore dei servizi pubblici locali. Politica questa avversata sia a destra, sia a sinistra, per l’importanza che hanno questi servizi locali come  linfa vitale per il regime clientelare e corporativo del regime a livello territoriale.

Infine la madre di tutte le riforme:  il risanamento dei conti pubblici, attraverso una drastica riduzione della spesa corrente primaria, con l’obiettivo di raggiungere stabili avanzi primari di oltre il 5% sul PIL, tali da aggredire seriamente l’enorme stock del nostro debito pubblico.

 

Finalmente il Governatore Draghi ha detto più esplicitamente di prima quello che i Radicali sostengono da anni: non è accettabile la politica dei due tempi.

Per cominciare a porre il nostro paese sul binario giusto, da subito si devono impostare quelle riforme strutturali che ci mettano in grado, una volta usciti dal tunnel della crisi, di imboccare la strada virtuosa di uno sviluppo più forte, più equilibrato, più stabile e più socialmente avanzato.